23 gennaio 2013

Il seggio vacante


In questi ultimi tempi ho poco tempo per qualsiasi cosa, e contrariamente al solito persino la lettura ne sta risentendo. Questo terribile corso di abilitazione all’insegnamento mi sta prosciugando di ogni energia, e la cosa peggiore è che mi allontana dalla libreria e persino dal mio blog. In questo post voglio quindi riassumere un’esperienza di lettura terminata già da un pezzo, mentre nel prossimo intendo concedermi un attimo di pura soddisfazione nel commentare il libro che in queste sere allieta quei pochi minuti di letterale sopravvivenza che mi separano dal sonno dei giusti. 
Veniamo al dunque. Ho terminato il primo romanzo non per ragazzi di J.K. Rowling, l’universalmente acclamata mamma di Harry Potter. Vi è mai capitato di entrare in un libro che non vi piace ma che non riuscite ad abbandonare? È stato il caso di Il seggio vacante, un racconto che non mi è piaciuto a causa dei suoi contenuti ma che è stato impossibile interrompere perché la scrittura è indubbiamente di altissimo livello. Non mi sono mai inoltrata nelle mostruose (nel senso latino di “prodigiose”) atmosfere di Harry Potter, e la sapienza stilistica di Rowling mi ha davvero sorpresa e avvinta. La storia, però, concentrata sulle vicende di una (antonomastica?) piccola cittadina inglese sconvolta dall’improvvisa morte di uno dei consiglieri comunali, è un ritratto che definire cinico sarebbe un eufemismo. Il racconto abbonda di cattivi sentimenti, gli adulti sono tutti ambizione e frustrazione e gli adolescenti sono ritratti come piccole bestie dominate solo dagli istinti. Poco spazio è lasciato alla speranza. La crudeltà, l’interesse, il pregiudizio, il bullismo, la pura cattiveria e infine la disperazione sono gli ingredienti di questo libro. Dipingono essi fedelmente la realtà? Potrebbe essere. I cittadini rappresentativi di un villaggetto di campagna sono tutti boriosi e razzisti, le donne sono tutte tormentate da un senso di fallimento, i ragazzi sono tutti ferocemente antiromantici? Potrebbe essere. Se così è, Il seggio vacante è un’immagine perfetta e ottimamente strutturata della quotidianità dei nostri giorni (che non ha niente a che fare, dunque, con i paesaggi sociali dell’Ispettore Barnaby…). E se così è, c’è davvero bisogno di un best-seller per aprirci gli occhi su questa realtà?