1 giugno 2012

La torre dei sussurri

Qualche giorno fa ho concluso La torre dei sussurri, romanzo storico di Olivier Bleys che allestisce la rappresentazione di una storia d'amore (tema universale) sullo sfondo particolare delle vicende dell'edificazione della Tour Eiffel. La Parigi che si prepara all'Esposizione Universale costituisce una scena affascinante e magnetica: le pagine che si susseguono l'una dopo l'altra sono come gradini di una scala discendente nel tempo, che ci accompagna dentro le magiche atmosfere della città al culmine della sua gloriosa bellezza. Sono gli anni del Moulin Rouge, della frenesia costruttiva, delle altissime espressioni letterarie di Dumas e Maupassant, dell'introduzione degli apparecchi telefonici e della voglia di resuscitare la grandeur francese dopo l'aspra sconfitta subita da parte dei prussiani. L'aspetto più conturbante della rappresentazione storica è tuttavia costituito dal racconto dell'altra faccia della nascente Belle Époque. Come tutte le epoche che hanno segnato i grandi trionfi della specie umana - il Rinascimento, ad esempio, o l'età vittoriana/guglielmina - anche la fin de siècle francese comprendeva in se stessa il germe della propria distruzione. Mentre gli architetti, gli ingegneri e gli operai del cantiere Eiffel lottavano contro le leggi naturali per proiettare nella luce un simbolo di potere dalle forme inequivocabilmente maschili, nelle ombre di Parigi strisciavano gli istinti più bassi, le credenze più irrazionali, l'arte più impietosamente vera e insicura. L'oppio, lo spiritismo e il post-impressionismo incarnavano la tensione verso la disperazione e il dubbio; in questo romanzo essi sono trattati e descritti con accuratezza, come un necessario contraltare alle vicende della costruzione della Torre. 
L'aspetto più interessante, insomma, del libro di Olivier Blyes non si rivela la storia d'amore del giovane ingegnere Armand con la bella Rosalinde, né il resoconto delle sedute spiritiche dirette da Apolline prima e da Salomé poi; i brani migliori sono invece le descrizioni delle passeggiate di Armand in compagnia dell'amico/collega Obilon da una parte all'altra della capitale, i gustosi ritratti del lavoro d'ufficio e sul campo dei dipendenti di Gustave Eiffel, e l'"impressione" del conflitto tra la gloria dell'Esposizione e la miseria del vizio sociale dietro le sue quinte. La Tour Eiffel è il più perfetto simbolo della società che la generò: le sue fondamenta scavano nell'infimo e fangoso sottofondo della città, ma la sua antenna si staglia verso il cielo, orgogliosa, progressista, eterea.