4 marzo 2011

Il mare fra le pagine/2

Ullapool, Scotland. Foto di Mara Barbuni (2009)
Nel post precedente ho parlato dei romanzi in cui l'immagine della donna è legata al sentimento dell'attesa, e dunque a quella particolare dimensione del mare che è essenzialmente domestica, costiera (come appare dalla fotografia qui accanto). 
Ma le storie di mare sono soprattutto storie di uomini. Il primo autore a cui penso è Joseph Conrad; nei suoi Tifone, Nostromo, Cuore di tenebra, Lord Jim, La linea d'ombra, il mare è metafora della solitudine dell'uomo, della tragedia del suo isolamento e della sua vana ricerca della pace ("Il mare non è mai stato amico dell'uomo. Tutt'al più è stato complice della sua irrequietezza", Lo specchio del mare). Così drammatica e letale è la visione del mare anche in Moby Dick di Melville e in Il vecchio e il mare di Hemingway. 
Anche in I Malavoglia di Verga gli uomini vivono l'esperienza del mare come scissione dalla normalità, come abbandono delle certezze naturali, eppure come stringente necessità, contro la quale non è possibile dibattere o combattere. E se per i poveri marinai della "Provvidenza" tale necessità è di natura economica, risultato di un'aspra e quotidiana lotta per la sopravvivenza, i protagonisti di altre storie sembrano prendere - o riprendere - il mare per l'incontrollabile bisogno di navigare, di sfidare le acque, di trovarsi soli a cospetto della coscienza, della conoscenza, della fortuna. E' questo ardore che spinge l'Ulisse dantesco a lasciare per la seconda volta Itaca; a questa identica urgenza si ispira lo Ulysses di Tennyson, quando dice: "How dull it is to pause, to make an end,/ To rust unburnish'd, not to shine in use!/ As tho' to breathe were life! [...] Come my friends,/ 'Tis not too late to seek a newer world./ Push off, and sitting well in order smite/ The sounding furrows; for my purpose holds/ To sail beyond the sunset, and the baths/ Of all the western stars, until I die." 
Ma il mare più intenso e vivo raccontato in versi è quello di Coleridge nella Ballata del vecchio marinaio. Qui il mare è simbolo di tutte le sfaccettature del cuore umano, nonché dei suoi parossismi: è il luogo dell'armonia con la natura e della dissociazione; il luogo dell'amore e dell'assassinio; della speranza e della disfatta; della malvagità e del perdono; della vita e della morte. Ma è soprattutto il covo dei ricordi, perché il vecchio marinaio, pur approdato alla terraferma, è condannato a non potersi mai più dimenticare del mare, e anzi, la sua espiazione consiste nel dover ripetere ai passanti il corso delle sue avventure. Così la distesa dell'acqua diventa anche il luogo del racconto; e le parole, come le onde, rotolano incessanti, l'una dopo l'altra, quiete o roboanti, consolatorie o terribili, per l'eternità.