16 marzo 2011

Alla vigilia della festa dell'Unificazione

Per la vigilia dell'anniversario dell'Unità d'Italia voglio pensare a quelle letture (risalenti soprattutto ai tempi del liceo) che hanno trattato i concitati anni del Risorgimento. In questi giorni ho ripreso in mano Piccolo mondo antico di Fogazzaro e mi domando perché non venga studiato nelle scuole - a mio parere sarebbe uno straordinario sostituto dei Promessi Sposi. Il mondo antico di Fogazzaro rappresenta infatti l'Italia della seconda guerra di indipendenza, con tutta la forza del sentimento patriottico, le paure della polizia austriaca, il senso della rivoluzione imminente, il tormento giovanile che sempre accompagna i periodi di repressione politica. E su questo sfondo la figura di Luisa brilla per autonomia e coraggio - una donna finalmente attiva (distantissima dalla Lucia manzoniana), dalla personalità conquistatrice, dal pensiero furente, una donna libera. La notte in cui Franco decide che quando sarà il momento si unirà alla guerra contro l'Austria, "Luisa mormorò sulla bocca di suo marito: - Se viene quel giorno, tu vai; ma vado anch'io. - E non gli permise di rispondere". E Franco stesso vede la moglie come una "creatura dall'intelletto forte sopra l'amore e orgoglioso, [...] tutta vibrante nella coscienza della sua ribellione." Franco, che "non vedeva salute che in una rivoluzione, in una guerra, nella libertà della patria. Ah quando l'Italia fosse libera, come la servirebbe, con che forza, con che gioia!"
Di Manzoni, in tema patriottico, vale la pena piuttosto rileggersi "Marzo 1821", anche se è nel coro dell'atto III di Adelchi che si ritrovano tutta la forza e la grandezza del bisogno di indipendenza. Ma forse la più intensa, la più giovane, la più devastante nella percezione del bisogno di cambiare il paese, di ribellarsi, di restituire all'Italia il suo diritto alla bellezza e alla gloria è l'ode All'Italia di Giacomo Leopardi (riporto qui solo alcuni versi):
O patria mia, vedo le mura e gli archi/ E le colonne e i simulacri e l'erme
Torri degli avi nostri, / Ma la gloria non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi/ I nostri padri antichi. Or fatta inerme,
Nuda la fronte e nudo il petto mostri.
[...] Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,/ Che di catene ha carche ambe le braccia;
Sì che sparte le chiome e senza velo/ Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia/ Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,/ Le genti a vincer nata
E nella fausta sorte e nella ria.
[...] Perché, perché? dov'è la forza antica,/ Dove l'armi e il valore e la costanza?
[...] Come cadesti o quando/ Da tanta altezza in così basso loco?
Nessun pugna per te? non ti difende/ Nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: io solo
Combatterò, procomberò sol io.
[...] Attendi Italia, attendi. Io veggio, o parmi,/ Un fluttuar di fanti e di cavalli,
E fumo e polve, e luccicar di spade/ Come tra nebbia lampi.
Sono i nostri poeti a richiedere, a rappresentare, ad esprimere il bisogno di festeggiare degnamente, domani, l'Unità d'Italia.